Ricordi d’ infanzia
Sono una nonna, che di tanto in tanto ha il piacere di raccontare ai sui nipoti com’è stata la sua infanzia, mi ascoltano sempre con piacere e mi fanno sempre tante domande e sono curiosi di sapere quali erano i miei giochi preferiti , sono avidi di curiosità pure sulla vita dei loro bisnonni. Siccome a loro questa storia è piaciuta tanto, perchè non scriverla anche sul bollettino?
Magari potrà piacere ad altri bimbi, e forse anche ai grandi come me.
Sono nata nel 1939…tanto tempo fa vero?..eppure il tempo è volato…come una bolla di sapone.
Il mio primo pianto è stato proprio lassù a Grana nella baita di famiglia , tra il verde e il sole caldo e generoso di Luglio, tra il canto delle cicale , al ronzio delle api, e dallo sbattere tenue delle ali delle farfalle.
Col primo sbadiglio respirai a pieni polmoni, il fragrante profumo di fiori mischiato a quello della resina del pino, sentivo il fruscio gorgogliante del ruscello vicino a casa il quale mi conciliava il sonno .
Della numerosa prole ero e sono la sesta figlia , erano tempi diversi, c’è chi dice che erano anni duri quelli, al confronto di oggi, che i bambini vengono cosparsi di creme e cremine, hanno mille giochi, e mille ninnoli, può sembrare davvero un altro mondo, ma quando ero bambina io un bagnetto e del semplice borotalco era tutto quello che c’era, e ricordo ancora con amore e un sorriso quella ruvida coccola. La mia culla , chiamata “ lo briez” in patuà ( il nostro dialetto) è stata il primo giacilio , per tutti i miei 7 fratelli, nati prima e dopo di me , per me che sono nata in un mese estivo, teneramente veniva messa per proteggermi dai raggi del sole , e dalle mosche e dalle zanzare che se no rischiavano di pungermi il viso , una tendina . E così crescevo, crescevo colma di latte, sole e aria pulita, grazie alla mamma che mi insegnò a riconoscerle da grandi ebbi familiarità con le erbette dei prati, come l’ortica, la cicoria selvatica, e tanti altri saporiti germogli, che usavo e tuttora uso per fare minestre al latte, e gustose frittelle. Ma i fiori..ooh, quanto li amavo e ancora adesso quanto li amo, ricordo di come spuntavano ovunque io mi girassi, sembrava una magia, passavo ore col naso immerso nelle corolle variopinte, per trattenere il più possibile quel delizioso profumo, e poi con cura e tanto amore, componevo, un mazzo il più grazioso possibile, e lo lascio là, sul tavolo in cucina in bella vista. Non ero mai sola, ed ero felice, avevo però un amico speciale, a 4 zampe, si chiamava Ganster, aveva il pelo rosso e mi aiutava a portare al pascolo le mucche, anche se ero piccina non avevo paura, e i miei compiti non si fermavano li, davo da mangiare ai pulcini e alle galline, ma qualche volta ..mannaggia, la volpe a volte passava affamata e se ne portava via una,, aiutavo nel mio piccolo la mamma a svolgere le faccende di casa, rivedo così nitidamente, mio papà, vicino al camino accesso, i baglio della fiamma, e i pentoloni ricolmi di latte, per fare il formaggio e la fontina, la panna bella densa per fare il burro, oppure per la gioia di noi bambini la deliziosa fiocca , si andava in cerca di mirtilli e lamponi, si riempivano le pentole di quei succosi frutti, e la mamma con pazienza infinita, girava e rigirava finchè la marmellata non rimaneva perfetta da conservare anche nei lunghi mesi invernali. Voi pensate che magari ero sola soletta, e invece dovete sapere che nelle baite, c’erano famiglie intere, con bambini con cui giocare, nel pomeriggio si andava tutti insieme a cercare rane e a fare capriole nei prati, ero sempre curiosa, di trovare i nidi dei pettirossi nei muri delle vecchie case; nel periodo della fienagione il lavoro dei piccoli era quello di pigiare il fieno, e li erano vere e proprie acrobazie, ricche di salti.
I pomeriggi con papà erano uno spasso, ci portava nel busco , seguendo il canale sulla groppa del mulo io e mia sorella più piccola, abbracciate strette , strette per non cadere, si raccoglieva legna per accendere il fuoco , e nel mentre si curiosava nei cespugli i nidi dei pernici con i piccoli strepitanti , decisamente affamati. La mamma per merenda ci dava pane di segala duro, pestato fine fine dentro la scodella e il latte appena munto, si gustava questa leccornia , sui vecchi gradini di casa. Alla domenica si andava alla cappella di Barmasc, a recitare il rosario, inginocchiati davanti alla Madonna e al ritorno a casa, papà al ritorno ci raccontava delle storie stupende, e noi stavano tutto orecchie , un po’ come ora mi ascoltano i miei nipoti quando racconto queste storie della mia infanzia sino ai miei 15 anni.
Sono frammenti di un passato lontano , sembra quasi magico, sono i ricordi che hanno segnato la mia infanzia , i miei primi anni felici , circondata dall affetto, dei miei cari.
Questi racconti riflettono, la genuinità e la semplicità e l’autenticità della realtà contadina da dove provengo.